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Rischio sismico e scuole: chiudiamo o non chiudiamo?

Gli edifici che costituiscono il nostro patrimonio pubblico sono datati, ed è cosa nota. Gli edifici datati sono poco sicuri in caso di terremoto, ed anche questa è cosa nota.

La misura della sicurezza di un edificio esistente è indicata da un numero che indica la “frazione” di sicurezza rispetto ad un edificio costruito con le norme attuali e con le stesse caratteristiche (classe d’uso, vita nominale, ecc.). Questo parametro è indicato con ζ nelle NTC2018 e può essere così rappresentato:

La Circolare 2019 definisce ζ come il rapporto tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione sul medesimo suolo e con le medesime caratteristiche.

Pertanto un edificio che avrà ζ=1 (o 100%) sarà sicuro al pari di un edificio costruito con la normativa attuale, un edificio con ζ minore di 1 sarà via via meno sicuro rispetto ad un edificio costruito con la normativa attuale.

Questa premessa serviva per inquadrare una recente sentenza della Cassazione che ha stabilito che una scuola a basso indice di sicurezza sismica non deve per forza essere chiusa. Con sentenza 21175/2019 del 15 maggio scorso della VI Sez. Penale, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore della Repubblica contro i due sindaci pro-tempore e dell’assessore ai lavori pubblici di un comune emiliano, in merito alla mancata chiusura di una scuola materna con indice di rischio sismico pari a 0,26 (inferiore al limite minimo di 0,6 previsto dalle NCT2018 con riguardo a interventi di miglioramento sismico su edifici esistenti di quella categoria).

Secondo la sentenza i proprietari o i gestori delle singole opere, siano essi enti pubblici o soggetti privati, sono chiamati a definire e programmare i provvedimenti più idonei, commisurati alla vita naturale nominale restante dell’opera, alla sua classe d’uso e alla disponibilità di risorse ordinarie o straordinarie allo scopo destinate. Da ciò consegue che la non rispondenza di costruzioni preesistenti agli indici di sicurezza sismica posti dalle NTC non determina di per sé un obbligo di intervento di salvaguardia rilevante.

Il Tribunale ha ribadito che la normativa vigente non impone l’obbligatorietà della messa fuori servizio dell’immobile non appena se ne riscontri l’inadeguatezza “rispetto alle azioni ambientali non controllabili dall’uomo e soggette ad ampia variabilità nel tempo ed incertezza nella loro determinazione“.

I proprietari, pubblici o privati, sono chiamati a definire e programmare i provvedimenti più idonei per scongiurare ogni pericolo.

Questo ragionamento è apparentemente in contrasto con il caso di una scuola Toscana (comune di Ribolla) sequestrata perchè aveva indice di sicurezza pari a 0,985 (la scuola dell’ultima sentenza aveva 0,26…). Ne potete leggere qui la notizia e qui alcune considerazioni tecniche.

Infine, anche in ottica D.Lgs. 81/08 e non soltanto di norme edilizie, un ulteriore contrasto sorge con quanto accaduto al Tribunale di Bari, evacuato perché considerato non sufficientemente sicuro in caso di sisma stando alle richieste dell’Allegato IV del Decreto citato. Oppure con la condanna del datore di lavoro e dell’RSPP di un’azienda del ferrarese dove è deceduto un lavoratore dopo il sisma dell’Emilia del 2012, dove l’edificio era “a norma” per il periodo di costruzione, quando non si prevedevano per quelle zone accorgimenti di natura sismoresistente.

Insomma, come la mettiamo? Il testo delle norme edilizie è in contrasto con quello delle norme per la tutela dei lavoratori? E se così fosse, quale devono essere ritenute più rilevanti? I datori di lavoro, i tecnici, gli amministratori e gli RSPP avrebbero bisogno di maggior chiarezza in tal senso. E’ necessario che sia chiarita una linea univoca, anche per non restare in balia di “pareri” arbitrari (alcuni incitanti all’attivismo più frenetico e altri all’immobilismo più spinto).

Nota: la fotografia raffigura la scuola a San Giuliano di Puglia, dove il 31 ottobre del 2002 un terremoto colpì la provincia di Campobasso e persero la vita 27 bambini e una maestra per il crollo di parte dell’edificio. Sotto le macerie rimasero intrappolati 57 bambini, 8 insegnanti e 2 bidelli. Sono passati 17 anni. Oggi quei bambini sarebbero donne e uomini adulti.

Immagine: Ansa.it

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